Nell’antica tradizione celtica, la banshee era una dea protettrice della comunità sociale e della zona in cui essa era insediata, ma con l’avvento del cristianesimo passò a esercitare il ruolo di una semplice fata.
Si può dire che fosse uno spirito che assumeva la forma o di una splendida giovane, o di donna matura o di un’anziana nell’atto di cantare o di piangere. Infatti, una caratteristica tipica della banshee sono gli occhi arrossati dal pianto o un velo che l’avvolge. Portava vesti di vari colori, ma solitamente prediligeva il bianco o il rosso, i colori che nella tradizione celtica richiamavano il mondo dei morti. I suoi capelli erano lunghi e fluttuanti, che amava pettinare con un pettine d’oro o d’argento.
Il compito della banshee era quello di proteggere il clan e la famiglia a cui era associata. Secondo l’antico folklore irlandese, la banshee piangeva solo per le principali famiglie nobili: gli O’Neill, gli O’Brien, gli O’Connor, gli O’Grady e i Kavanagh. Per questo, se qualcuno era in grado di udire l’urlo disperato della banshee poteva dirsi nobile.
Le sue urla prendono il nome di keening, dalla parola gaelica caoineadh, cioè “lamento”, ed era la prima avvisaglia della presenza di questa creatura. Il suo pianto fragoroso era dovuto all’imminente morte di un membro della famiglia protetta oppure, in rari casi, si trasformava in un pianto di vittoria se la morte toccava a una persona di una famiglia avversaria.
Una di queste è Aibhill, legata alla famiglia irlandese degli O’Brien, che la notte prima della battaglia di Clontarf (1014) era apparsa al re Brian Boru nell’atto di lavare i panni dei soldati finché l’acqua non si fosse tinta di sangue. In questo modo, il sovrano capì che sarebbe andato incontro a morte certa durante la battaglia.
Questo è il triste racconto di Lile McGinley, soprannominata l’infelice. La nobile ed allora centenaria signora viveva con la servitù nel suo immenso castello, senza più alcun parente a Leitrim. Tutti l’avevano abbandonata, considerandola una povera pazza, ma Lile celava dentro di sé qualcosa che, durante quegli anni, l’aveva tormentata e per questo, fatta impazzire.
Quando era ancora giovane e bella, Lile, come ogni ragazza del mondo, s’innamorò di un uomo buono e generoso, Brian O’Brian. Quell’amore, purtroppo, era ostacolato dai cattivi rapporti esistenti tra le loro nobili famiglie, per via di motivi politici, che poco interessano ai veri innamorati di qualsiasi epoca e nazione.
Il padre di Lile era, infatti, un ricco protestante, da sempre contrario all’indipendenza dell’Irlanda, leale verso la Corona Inglese; mentre la famiglia O’Brian, cattolica e di antiche origini, si schierava dalla parte dei repubblicani, desiderosi di unire tutte le contee d’Irlanda. Lile e Brian volevano soltanto vivere apertamente quel dolce sentimento che li rendeva così simili, anche se culturalmente diversi.
Dopo essere trascorsi moltissimi anni dalla morte del suo amato, Lile era ancora considerata una pazza, la gente aspettava di vederla scomparire per sempre, perché così si sarebbe chiusa la storia di una famiglia che, secondo gli abitanti della contea, aveva portato soltanto grande sfortuna.
Lile venne allontanata da tutti a Leitrim, Brian morì tra le sue braccia, lui, che credeva nella pace e nell’unione del popolo irlandese; in una di quelle rivolte sanguinose, la vita del giovane fu spezzata, proprio per mano del padre di Lile.
La dolce e bella irlandese non fu più la stessa, si rinchiuse in casa, iniziò ad imbruttirsi, divenne spaventosa nello sguardo e nel fisico, inguardabile e per questo abbandonata da tutti, nascosta, più per vergogna, nelle sue stanze, dove trascorse tutta la vita. Quanto sarebbe stato meglio morire d’improvviso, ma neanche questo le concesse la natura…
In Irlanda, però, i miti sono legati alle Fate e agli Spiriti della Natura, ed anche la storia di Lile e Brian era collegata ad una leggenda triste e spaventosa, quella di Aibhill.
Circa mille anni fa, quella regione dell’Isola di Smeraldo era abitata dal Piccolo Popolo che fu assalito ed occupato dai Celti; i superstiti continuarono a vivere nascosti nei boschi, man mano divennero sempre più piccoli, si adattarono all’ambiente e lì fecero la conoscenza delle Fate, che donarono loro tutto il sapere e il potere degli Elfi, aiutandoli contro gli odiati invasori Celti. Secondo alcune leggende, gli esseri fatati rapivano i figli neonati dei Celti per vendicare il Piccolo Popolo.
La figlia del capo del Piccolo Popolo era Aibhill, il cui destino fu molto simile a quello della povera Lile, infatti, anche il cuore della fanciulla si consumò d’amore per quello di un giovane cavaliere. Purtroppo quel giovane era un Celto e la ragazza non avrebbe mai potuto amare liberamente colui che suo padre odiava immensamente.
Per qualche tempo Aibhill riuscì a proteggere quel sentimento, incontrava l’amato nei boschi e nelle paludi, poi, un giorno, forse a causa di qualche Fata crudele, il loro segreto fu svelato e il padre di Aibhill decise di punire la figlia per quell’oltraggio. La fanciulla fu rinchiusa in una gabbia di cristallo, e a niente valsero le sue grida e le suppliche pietose, perché davanti ai suoi occhi il giovane celto fu giustiziato atrocemente.
Da quel giorno Aibhill sembrò impazzita, la notte piangeva ed urlava disperatamente, i suoi lamenti furono così acuti che riuscirono a rompere la fragile prigione e le permisero di fuggire via. Non fu mai più ritrovata, forse, intontita dal dolore, vagò nei boschi e nelle valli fino a che morte naturale non la sorprese.
Nelle notti di luna piena, alcuni irlandesi confessano di aver sentito il pianto di Aibhill che echeggia nella valle, e chiunque riesca ad udire la sua voce ne rimane terrorizzato, poiché nelle sue urla è racchiuso tutto il dolore del mondo.
La fanciulla divenne, infatti, simbolo di sfortuna e di malaugurio e fu denominata una Banshee, una specie di fata solitaria, uno spirito femminile che si aggira attorno ai fiumi e alle sorgenti d’Irlanda, il cui aspetto è spaventoso, con gli occhi rossi e gonfi per il pianto che versa sulle tombe di tutti coloro che in vita hanno sofferto per amore. Il gemito di una Banshee trapassa la notte, è una nota che sorge e precipita come le onde del mare, appare su per le colline scure, la sua figura bianca e luminosa si contrappone bruscamente contro le tenebre, i capelli grigio argento fluttuano e s’intrecciano, il mantello bianco, tessuto di ragnatela, si avvinghia stretto al suo corpo.
Anche le banshee scozzesi sono molto popolari. Una leggenda racconta che un certo Lord Airlie una volta uccise un giovane suonatore di tamburello incastrandolo nel suo strumento e facendolo precipitare dalle mura. Da questo momento in poi, la banshee protettrice della dinastia Airlie si presentò sempre con un suono di tamburello ogni volta che uno dei nemici della famiglia stava per morire.
Un’altra leggenda, invece, fa riferimento alla bean nighe, che si aggirava vicino ai torrenti per lavare via il sangue dai vestiti di chi era prossimo alla dipartita. Il folklore scozzese identificava le bean nighe con spiriti di donne morte di parto, che non riuscivano a trovare pace e vagavano sconsolate in attesa di una vera e propria morte. La bean nighe era tutt’altro che avvenente, poiché aveva un naso con un’unica narice, un enorme dente sporgente e i seni penduli. Tuttavia, chi fosse riuscito a bere il latte del suo seno sarebbe divenuto figlio adottivo della bean nighe, che si sarebbe impegnata a esaudire un suo desiderio.
Spirito di Fata.
Volerò lungo il filo d’argento.
Mi attendono i figli
Laggiù sui campi lontani,
filando sulle loro rocche.
Io sono lo spirito
Della seta.
Vengo da un’arca misteriosa,
vado verso la nebbia.
Che canti il ragno
Nella sua tana;
mediti l’usignolo
la mia leggenda;
che la goccia di pioggia stupisca
scivolando lulle mie ali morte.
Ho filato il mio cuore sulla carne
Per pregare nelle tenebre
E mi ha dato la morte bianche ali
Ma ha accecato la fonte della seta.
Ora comprendo il lamento dell’acqua
Ed il lamento delle stelle
Ed il lamento del vento sui monti
Ed il pungente ronzio dell’ape.
Perché sono la morte e la bellezza.
Quel che dice la neve sul prato
Il fuoco lo ripete;
le canzoni del fumo dei mattini
ripeton le radici sotto terra.
Volerò lungo il filo d’argento;
mi attendono i figli.
Che canti il ragno
Nella sua tana;
mediti l’usignolo
la mia leggenda;
che la goccia di pioggia stupisca
scivolando sulle mie ali morte.
Garcia Lorca
Liberamente tratto da:
Il giardino delle Esperidi
Le fate di Avalon
La poesia “Spirito di fata” é di Federico Garcia Lorca
Grazie a te oggi ho una visione completa della leggenda delle Banshee, di cui avevo solo informazioni parziali. A volte si è così stanchi delle solite meschine banalità del genere umano che misteri e leggende come queste fanno davvero bene. Attirano cioè l’attenzione su fenomeni che nel mistero in cui sono racchiusi, restituiscono un po’ più di curiosità. Peraltro alcuni aneddoti provenienti dalla famiglia di mio padre (molto superstiziosa), mi hanno sempre indotto a credere che esistesse qualcosa (o qualcuno) che pervadesse i nostri spazi vitali, avvolgendoci e seguendoci. La capacità di percepire queste presenze mi ha sempre affascinato. E tu che ci riesci, sei da invidiare. È anche grazie a questa tua sensibilità che una leggenda di tal fatta diventi una storia avvincente e affascinante, anche nei passaggi più tetri quali i lamenti che preannunciano disgrazie. La lettura “mi ha preso” e non perché ti sono amico. Davvero, Lo. Bravissima.♥ Un abbraccio, Pier☼ ♥
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Bhe, in realtà ho ripreso le informazioni di un paio di siti sistemandole in modo che fosse una lettura piacevole, sai comunque sulle banshee c’è un po di confusione….
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Lo hai fatto molto bene, ribadisco… 🙂
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Graffie 😊😊😊😊
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Neanche loro erano molto democratiche, tutto sommato 🙂 Un mondo affascinante; una selva di dei creati dagli esseri umani ancora prima che arrivasse la coca cola
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L’isola di smeraldo è una riserva infinita di miti e leggende sai
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